Un articolo di Tony Graffio
L’olografia, non confondiamoci con l’oleografia che è un procedimento di stampa della seconda metà dell’Ottocento, è una tecnica rivoluzionaria molto recente che possiamo attuare grazie all’introduzione del laser, dagli anni ’60 in poi.
Come lascia intendere il suffisso di origine greca, ὅλος, ὁλο: tutto; l’olografia è una scrittura con la luce coerente che è in grado di registrare ogni singolo punto di un oggetto ripreso nella sua interezza e questo permette di riprodurre poi ciò che è stato oggetto della nostra attenzione in maniera pressoché totale, da più punti di vista. Non attraverso l’elaborazione di una visione tridimensionale, ma come una vera copia virtuale in 3 D. Il gioco di parole non aiuta molto nella comprensione quanto potrebbe farlo il ritrovarsi davanti ad una lastra olografica riportante un oggetto al suo interno, o anche al suo esterno…
Si tratta di una lastra, normalmente di vetro, trattata con una emulsione sensibile alla luce di grandissima definizione, molto oltre le 900 linee per millimetro, capace di registrare la luce coerente riflessa dal soggetto che proprio per l’incrociarsi di onde luminose dissonanti crea delle frange d’interferenza sulla lastra e più punti di vista dello stesso soggetto, in modo che cambiando il punto d’osservazione davanti alla lastra si riescono a scorgere dettagli del soggetto, proprio come se l’oggetto fosse reale. O meglio, l’oggetto è reale, solo che non ha consistenza fisica, o massa.
Per vari motivi, si tratta di una tecnica molto complessa da realizzare, qualcosa di estremamente scientifico che forse può stupire di trovare in una mostra d’arte, proprio perché questo sistema sembrerebbe essere molto più vicino alla tecnica che alla fantasia, ma come spesso capita quando si attua con precisione un procedimento molto complicato, già ci ritroviamo nel mondo dell’arte. O per dirla con parole ancora più esplicite: quando la tecnica è perfetta il risultato è sicuramente artistico.
L’aspetto artistico dell’olografia, va oltre la visone dell’artista, ma ha molto a che fare con la chimica e la fisica; di fatto l’olografia è una forma di fotografia tridimensionale e quando non esistono più emulsioni commerciali per “giocare”, molti artisti sperimentali sono costretti a fare da sé. Muth prepara da solo le proprie emulsioni stendendole al buio sulle lastre di vetro, con tutte le difficoltà aggiuntive di una tecnica molto elaborata.
L’emulsione liquida fotosensibile è stata sviluppata fin nel lontano 1840, ancor prima delle emulsioni stese su gelatina animale, e da allora non ha mai smesso di essere utile alle diverse esigenze del fotografo, dell’artista, ma anche dello scienziato.
Muth ha deciso di utilizzare questo tipo d’emulsione, non perché gli piaccia complicarsi la vita, ma perché questo è il miglior tipo d’emulsione che esista e poiché realizzando da solo questo prodotto e, ricercando di volta in volta gli elementi chimici da inserire nella sua formula segreta, riesce ad ottenere colori molto intensi che differenziano le sue olografie da tutte quelle degli altri olografi. Come dice lui, è come un pittore che si prepara da sé, con i propri pigmenti, i suoi colori ad olio. Molto dipende anche dallo stato di freschezza dell’emulsione che usa. Muth non segue sempre lo stesso percorso nella preparazione dell’emulsione, sotto questo punto di vista si sente un po’ come un alchimista alla perenne ricerca di una formula nuova e migliore. E’ molto libero nel procedere con questo tipo di tecnologia un po’ fuori dal tempo. Ogni volta è una nuova esperienza, non si tratta di procedere con un metodo completamente scientifico, ma di rendere le proprie emozioni compartecipi al processo produttivo (immaginiamo che possa effettivamente essere così, poiché probabilmente basterebbero poche piccole variazioni per ottenere risultati del tutto diversi all’interno di un procedimento molto delicato in cui molti elementi contribuiscono a far funzionare la ricetta o a modificare il risultato.
Per sua stessa ammissione, Muth conferma che spesso ci vogliono innumerevoli prove prima di ottenere i risultati sperati. L’emulsione non è proprio rapida e i tempi d’esposizione sono piuttosto lunghi: intorno ai 7 minuti. Questo tempo è estremamente lungo anche perché se qualcosa si muovesse nel laboratorio e andasse fuori fase, non si otterrebbe alcun risultato. Tutto deve restare perfettamente fermo per avere il massimo della luminosità e della precisione d’immagine. A volte, Muth muove volontariamente un pezzo di qualche elemento, o un fascio di luce, per ottenere un effetto, ma è sempre un rischio che potrebbe guastare completamente l’olografia.
Le emulsioni stese su vetro vanno poi ricoperte con un secondo vetro che protegge l’emulsione stessa dall’ambiente circostante. In modo da evitare che toccando la superficie dell’emulsione si possano provocare graffi o altri danni irreparabili all’immagine prodotta in modo così elaborato.
Muth ha deciso di utilizzare questo tipo d’emulsione, non perché gli piaccia complicarsi la vita, ma perché questo è il miglior tipo d’emulsione che esista e poiché realizzando da solo questo prodotto e, ricercando di volta in volta gli elementi chimici da inserire nella sua formula segreta, riesce ad ottenere colori molto intensi che differenziano le sue olografie da tutte quelle degli altri olografi. Come dice lui, è come un pittore che si prepara da sé, con i propri pigmenti, i suoi colori ad olio. Molto dipende anche dallo stato di freschezza dell’emulsione che usa. Muth non segue sempre lo stesso percorso nella preparazione dell’emulsione, sotto questo punto di vista si sente un po’ come un alchimista alla perenne ricerca di una formula nuova e migliore. E’ molto libero nel procedere con questo tipo di tecnologia un po’ fuori dal tempo. Ogni volta è una nuova esperienza, non si tratta di procedere con un metodo completamente scientifico, ma di rendere le proprie emozioni compartecipi al processo produttivo (immaginiamo che possa effettivamente essere così, poiché probabilmente basterebbero poche piccole variazioni per ottenere risultati del tutto diversi all’interno di un procedimento molto delicato in cui molti elementi contribuiscono a far funzionare la ricetta o a modificare il risultato.
Per sua stessa ammissione, Muth conferma che spesso ci vogliono innumerevoli prove prima di ottenere i risultati sperati. L’emulsione non è proprio rapida e i tempi d’esposizione sono piuttosto lunghi: intorno ai 7 minuti. Questo tempo è estremamente lungo anche perché se qualcosa si muovesse nel laboratorio e andasse fuori fase, non si otterrebbe alcun risultato. Tutto deve restare perfettamente fermo per avere il massimo della luminosità e della precisione d’immagine. A volte, Muth muove volontariamente un pezzo di qualche elemento, o un fascio di luce, per ottenere un effetto, ma è sempre un rischio che potrebbe guastare completamente l’olografia.
Le emulsioni stese su vetro vanno poi ricoperte con un secondo vetro che protegge l’emulsione stessa dall’ambiente circostante. In modo da evitare che toccando la superficie dell’emulsione si possano provocare graffi o altri danni irreparabili all’immagine prodotta in modo così elaborato.
Dora Tass è una scultrice italiana che si è avvicinata all’olografia qualche anno fa, dopo aver conosciuto August Muth e averlo seguito in New Mexico per imparare la tecnica del maestro americano. Da allora, ha iniziato a realizzare e proporre al pubblico le sue sculture di luce.
Ciò che August e Dora riescono a fare è assolutamente incredibile, i loro ologrammi sono luminosissimi, molto colorati ed escono completamente fuori dalla lastra olografica; questa affascinante tecnica ha in sé gli stessi principi della fisica che regola i moti delle stelle e dei pianeti, o che fa viaggiare la luce nello spazio e determina il trascorrere del tempo. L’olografia è una forma d’arte particolare poiché se la si fruisce nel tempo e nello spazio (spostando il punto di osservazione), l’oggetto stesso della nostra osservazione muta, mostrandoci se stesso da un’angolazione diversa. La luce è energia e l’olografia è un mezzo potentissimo per imprigionare questa energia colorata.
In natura potremmo dire che l’olografia esiste nelle ali di una farfalla perché sembra che esse rompano la luce nello stesso modo in cui la luce coerente si scontra in frange d’interferenza.
Ciò che August e Dora riescono a fare è assolutamente incredibile, i loro ologrammi sono luminosissimi, molto colorati ed escono completamente fuori dalla lastra olografica; questa affascinante tecnica ha in sé gli stessi principi della fisica che regola i moti delle stelle e dei pianeti, o che fa viaggiare la luce nello spazio e determina il trascorrere del tempo. L’olografia è una forma d’arte particolare poiché se la si fruisce nel tempo e nello spazio (spostando il punto di osservazione), l’oggetto stesso della nostra osservazione muta, mostrandoci se stesso da un’angolazione diversa. La luce è energia e l’olografia è un mezzo potentissimo per imprigionare questa energia colorata.
In natura potremmo dire che l’olografia esiste nelle ali di una farfalla perché sembra che esse rompano la luce nello stesso modo in cui la luce coerente si scontra in frange d’interferenza.
Muth e Dora Tass vendono i loro lavori attraverso molte gallerie del Nord America, ma questo tipo d’arte è così nuova che molti collezionisti non riescono a farsi una chiara idea con che cosa possano comparare queste opere che in realtà sono uniche e simili solo a loro stesse.
Muth da 35 anni si occupa di olografia senza fare niente altro; il pubblico non conoscendo l’olografia non si rende conto delle grosse difficoltà da lui affrontate nel realizzare i propri lavori. E’ un’attività nella quale bisogna essere molto controllati, precisi e scientifici e ascoltare la natura dei propri sentimenti per riuscire ad ottenere qualcosa che possa esprimere sia una conquista scientifica che un risultato comunicativo.
L’olografia per Muth è un vero contenitore d’informazioni di ogni tipo: spaziali e temporali, ma non solo questo perché l’olografia non è un’illusione tridimensionale, ma la creazione di un vero oggetto davanti ai nostri occhi. Quello che vediamo è un’illusione poiché tutto per noi è un’illusione, nel senso che la luce si trasforma sempre in segnali chimico-elettrici decodificati dal nostro cervello, in modo che questi siano da noi compresi e archiviati come ricordi con un leggero scarto temporale che ci permettono di immaginare quello che la realtà è. L’olografia è qualcosa di molto particolare perché è reale, pur non avendo massa.
In USA, i lavori di August Muth sono venduti dai galleristi dai 18’000 ai 22’000 dollari. Per realizzare un ologramma di questa bellezza sono necessarie dalle 40 alle 80 ore consecutive di lavoro, perché questa tecnica è fatta di moltissimi passaggi che vanno realizzati uno dopo l’altro in modo preciso. L’umidità influisce molto sulle tempistiche di lavorazione e spesso, a causa di errori ed imprevisti, bisogna ricominciare tutto da capo o portare avanti esposizioni diverse nell’ambito della stessa fase di sviluppo.
Muth da 35 anni si occupa di olografia senza fare niente altro; il pubblico non conoscendo l’olografia non si rende conto delle grosse difficoltà da lui affrontate nel realizzare i propri lavori. E’ un’attività nella quale bisogna essere molto controllati, precisi e scientifici e ascoltare la natura dei propri sentimenti per riuscire ad ottenere qualcosa che possa esprimere sia una conquista scientifica che un risultato comunicativo.
L’olografia per Muth è un vero contenitore d’informazioni di ogni tipo: spaziali e temporali, ma non solo questo perché l’olografia non è un’illusione tridimensionale, ma la creazione di un vero oggetto davanti ai nostri occhi. Quello che vediamo è un’illusione poiché tutto per noi è un’illusione, nel senso che la luce si trasforma sempre in segnali chimico-elettrici decodificati dal nostro cervello, in modo che questi siano da noi compresi e archiviati come ricordi con un leggero scarto temporale che ci permettono di immaginare quello che la realtà è. L’olografia è qualcosa di molto particolare perché è reale, pur non avendo massa.
In USA, i lavori di August Muth sono venduti dai galleristi dai 18’000 ai 22’000 dollari. Per realizzare un ologramma di questa bellezza sono necessarie dalle 40 alle 80 ore consecutive di lavoro, perché questa tecnica è fatta di moltissimi passaggi che vanno realizzati uno dopo l’altro in modo preciso. L’umidità influisce molto sulle tempistiche di lavorazione e spesso, a causa di errori ed imprevisti, bisogna ricominciare tutto da capo o portare avanti esposizioni diverse nell’ambito della stessa fase di sviluppo.
August Muth è l’unico professionista al mondo ad operare in questo modo. Esistono una manciata di hobbysti che ricercano anche loro in questo campo, seguendo la metodologia di Muth. Dora Tass collabora Muth nel suo laboratorio da circa 10 anni, ovvero da quando i due si sono conosciuti al MIT di Boston durante una conferenza. Ogni olografia che esce da laboratorio di Muth è un pezzo unico, non vengono utilizzati cliché per la riproduzione seriale.
Quando si guarda ad uno di questi ologrammi si rivede la luce che l’ha prodotto nel passato; c’è per questo un’analogia con le stelle che noi guardiamo in questo momento, ma delle quali vediamo la luce prodotta migliaia di anni fa.
Opere d’arte olografica scolpite con la luce degli artisti Dora Tass, August Muth, Fred Uterseher, C. Alex Clark e Joan Stango saranno esposte in mostra a Santa Fé, New Mexico – USA fino a fine maggio 2021 presso la New Media Gallery Currents 286 in Canyon Rd.