Ci fu un tempo in cui la stagione calda era accompagnata da una colonna sonora che pareva la panacea di tutti i mali, formalmente perfetta, geometricamente esatta, emotivamente adatta a ogni situazione e, sotto l’ombrellone, ma anche poco dopo, si ballava l’hully gully del synth pop. Spuntavano maestri da ogni dove e di molteplici poster si riempivano le camerette.
Poi c’erano anche i ricamatori dietro le quinte, non sempre per scelta, che firmavano o producevano miriadi di canzoni leggere eppure complesse. Personaggi che camminavano nel presente, guardavano al futuro, ma giammai strappavano le pagine del passato. Equilibristi per passione. Dispensatori di dolcezze assortite, divorate da quei golosoni di Marco e Davide. Uno di loro era Tony Mansfield. È ancora Tony Mansfield.