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Altered Light, mostra d’arte olografica in New Mexico

Un articolo di Tony Graffio L’olografia, non confondiamoci con l’oleografia che è un procedimento di stampa della seconda metà dell’Ottocento, è una tecnica rivoluzionaria molto recente che possiamo attuare grazie all’introduzione del laser, dagli anni ’60 in poi. Come lascia intendere il suffisso di origine greca, ὅλος, ὁλο: tutto; l’olografia è una scrittura con la luce coerente che è in grado di registrare ogni singolo punto di un oggetto ripreso nella sua interezza e questo permette di riprodurre poi ciò che è stato oggetto della nostra attenzione in maniera pressoché totale, da più punti di vista. Non attraverso l’elaborazione di una visione tridimensionale, ma come una vera copia virtuale in 3 D. Il gioco di parole non aiuta molto nella comprensione quanto potrebbe farlo il ritrovarsi davanti ad una lastra olografica riportante un oggetto al suo interno, o anche al suo esterno… Si tratta di una lastra, normalmente di vetro, trattata con una emulsione sensibile alla luce di grandissima definizione, molto oltre le 900 linee per millimetro, capace di registrare la luce coerente riflessa dal soggetto che proprio per l’incrociarsi di onde luminose dissonanti crea delle frange d’interferenza sulla lastra e più punti di vista dello stesso soggetto, in modo che cambiando il punto d’osservazione davanti alla lastra si riescono a scorgere dettagli del soggetto, proprio come se l’oggetto fosse reale. O meglio, l’oggetto è reale, solo che non ha consistenza fisica, o massa. Per vari motivi, si tratta di una tecnica molto complessa da realizzare, qualcosa di estremamente scientifico che forse può stupire di trovare in una mostra d’arte, proprio perché questo sistema sembrerebbe essere molto più vicino alla tecnica che alla fantasia, ma come spesso capita quando si attua con precisione un procedimento molto complicato, già ci ritroviamo nel mondo dell’arte. O per dirla con parole ancora più esplicite: quando la tecnica è perfetta il risultato è sicuramente artistico. L’aspetto artistico dell’olografia, va oltre la visone dell’artista, ma ha molto a che fare con la chimica e la fisica; di fatto l’olografia è una forma di fotografia tridimensionale e quando non esistono più emulsioni commerciali per “giocare”, molti artisti […]

I 100 dipinti che sconvolsero il mondo, il nuovo libro di Flavio Caroli

Giovedì 8 aprile 2021 verrà pubblicato il nuovo libro di Flavio Caroli edito da 24 Ore Cultura che ripercorre la storia dell’arte attraverso le opere pittoriche più iconiche di sempre, dal Crocifisso di Santa Croce di Cimabue fino ai capolavori delle avanguardie del Novecento. Il volume – che prosegue la collana di saggi d’arte illustrati inaugurata dal successo di “Le 100 mostre che sconvolsero il mondo” – guarda alla storia dell’arte da un punto di vista inconsueto: anziché soffermarsi sulla vita degli artisti o sui movimenti culturali, secondo gli approcci più abituali, sceglie invece di osservare e approfondire le singole opere. Con: “I 100 dipinti che sconvolsero il mondo”,  Flavio Caroli guida i lettori in un affascinante viaggio attraverso otto secoli, alla scoperta dei cento dipinti considerati più innovativi – nella forma e nei contenuti – che hanno cambiato per sempre il corso degli eventi fino ad influenzare i gusti attuali, tanto da diventare dei modelli di riferimento entrati ormai a far parte dell’immaginario collettivo. Dallo straordinario Compianto sul Cristo Morto di Giotto che segna il passaggio dall’astrazione di tradizione bizantina ad una volumetria più viva e concreta delle figure, fino ad arrivare alla celebre Marilyn di Andy Warhol, simbolo ed elogio del consumismo americano, il libro offre al lettore un racconto inedito che mette al centro la forza dell’opera d’arte, la sua capacità di suscitare emozioni e di dare corpo all’immaginario di un’epoca o di una civiltà. Di data in data, per ciascun capolavoro il libro ne approfondisce inoltre il contesto storico e sociale, mettendo in luce le peculiarità che l’hanno portato a segnare un significativo punto di svolta nella storia dell’arte. Le grandi stagioni della pittura scorrono così sotto gli occhi del lettore, in un approfondimento critico che si fonda sulla viva concretezza dei dipinti, dalla ricerca plastica e spaziale del Duecento, passando per la prospettiva rinascimentale e l’uso della pittura ad olio fiamminga, fino alle rivoluzioni linguistiche delle avanguardie tra Ottocento e Novecento, come il pointillisme presente nella maestosa tela di Seurat – Pomeriggio alla Grande Jatte – o il cubismo del celeberrimo Les Demoiselles d’Avignon di Picasso. E ancora, la sensualità atmosferica del colore nella Tempesta di Giorgione, la scoperta del reale nella Canestra di frutta di Caravaggio, la personificazione del sentimento rappresentata ne L’incubo di Füssli: ogni conquista di […]

Lele Roma, un curioso DJ del Rock psichedelico

Lele Roma è un DJ torinese che da circa 35 anni  naviga nel mondo della musica Rock, con particolare attenzione alla musica degli anni ’60, perché, come afferma lui stesso: <Ci innamoriamo tutti della musica del decennio in cui siamo nati.>. Lele ha iniziato a raccogliere dischi rarissimi fin dalla più tenera età, ha fatto girare gli LP in vari club e discoteche della sua città, poi dal 1990 al 2014 ha inondato l’etere torinese dalle emittenti locali, RTP prima e poi radio Flash, raccontando le storie più belle del mondo del Rock ‘n’ Roll. Ha viaggiato da un’epoca all’altra con tematiche che vanno dal Rock psichedelico degli anni ’60 al Beat italiano e inglese, fino ai brani di tendenza degli anni ’80/’90 e 2000, facendo ballare almeno due  generazioni di rockers torinesi. Tra le feste più riuscite, è impossibile non citare la sua presenza, in qualità di presentatore, intervistatore e affabulatore, in diverse edizioni dello Psych Out Festival, evento nato da un’idea di Giampo Coppa nella storica El Paso, più che un centro sociale, una casa occupata di ispirazione anarchica che ad inizio anni ’90 ha catalizzato le notti di chi, in modo imperturbabile, ha continuato a vestirsi con le camicie ed i pantaloni larghi dai colori sgargianti, tipici dei figli dei fiori. Lo Psych Out Festival ha  proseguito poi negli anni successivi in vari altri locali, fino a celebrare la sua chiusura con la trentesima edizione, nel 2019. Lele Roma, ha il merito di aver sempre tenuta accesa la fiaccola della cultura musicale underground e della controcultura, soprattutto negli ambienti alternativi ed operai.  Ultimamente, su Youtube ha inventato un format di storytelling dove propone: “Le pillole di Lele”, alcuni “Flashback Sofà” tematici su psichedelia, Beat italiano, musicarelli, e presentazioni di libri di argomenti sempre legati alla cultura psichedelica. Tony Graffio ha deciso di coinvolgerlo in: “Birra e Rock ‘n’ Roll, spunti per conversazioni evolute da bar e pre-concerto”, la trasmissione che mercoledì 7 aprile 2021 Vi ha raccontato aneddoti e fatti meno noti del mondo del Rock e ci ha aiutato a capire la differenza tra una birra artigianale di qualità e un prodotto […]

Ivano Astesana, mastro birraio fondatore del Birrificio della Granda

Prima di diventare mastro birraio e dar vita ad un’impresa tutta sua, Ivano Astesana è stato consulente informatico e prima ancora biologo. Dopo aver lavorato per sette anni in giro per l’Italia, Ivano ha sentito la necessità di trovare un’occupazione che gli permettesse di riconciliarsi coi ritmi stagionali della terra e di stare più vicino alla sua famiglia d’origine. Ha scelto così di occuparsi dell’azienda agricola del padre, a Lagnasco (CN). A quell’epoca, ha cominciato a produrre birra, un po’ per gioco, un po’ per mettersi alla prova, ma quando ha capito che bastava migliorare la tecnica per poter ottenere qualcosa di valido e concreto, ha deciso che quello sarebbe stato il suo nuovo lavoro. La produzione di birra artigianale per scopi commerciali ha avuto inizio nel 2009; la passione lo ha coinvolto a tal punto che Ivano seguiva personalmente ogni fase della lavorazione: dalla scelta delle materie prime, all’imbottigliamento. Per un certo periodo si è messo perfino a disegnare le etichette delle bottiglie ed ha aperto un piccolo pub dietro casa per cercare di avvicinare il pubblico alle sua bevanda preferita. L’idea del Birrificio della Granda prendeva sempre più forma: i primi incassi sono stati subito reinvestiti per continuare a tener vivo il progetto di Ivano che, comprendendo di non poter fare più tutto da solo, ha incominciato a pensare di coinvolgere dei validi collaboratori che avessero il desiderio di condividere il suo sogno e gli permettessero di far finalmente decollare il Birrificio come una vera attività imprenditoriale. Era l’anno 2012. Nel 2020, Ivano ha rimodernato le linee delle birre con nuove ricette e iniziando a confezionarle in lattina. Per la parte grafica e artistica si è affidato a vari illustratori e street artist e adesso la riconoscibilità del suo marchio è completa. Sono nate così due famiglie di prodotti: The Girls e le Hop for The Geek. The Girls allineano birre di gradazione più leggera molto amate da un pubblico più giovane; mentre le Hop for the Geeks (H4TG) sono una linea più ricercata, dal gusto più raffinato, dedicata ai cultori della birra artigianale e di tutti i suoi stili. Il design di questa seconda linea è affidato per […]

Capolavori della Fotografia Moderna 1900-1940: La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York

Mostra organizzata dal Museum of Modern Art, New York a cura di Sarah Meister, curatrice del Dipartimento di Fotografia, The Museum of Modern Art, New York, Quentin Bajac, direttore del Jeu de Paume, Parigi e Jane Pierce, assistente alla ricerca, Carl Jacobs Foundation, The Museum of Modern Art, New York Coordinamento e sviluppo del progetto al MASI: Francesca Bernasconi e Ludovica Introini 25 aprile – 1 agosto 2021 Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano MASI | LAC masilugano.ch Dal 25 aprile al 1 agosto 2021 il MASI Lugano espone per la prima volta in Europa la collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art di New York. La straordinaria selezione di oltre duecento capolavori della fotografia della prima metà del XX secolo rivela come i fotografi attivi in questo periodo storico, grazie alla loro esuberante creatività e alle radicali sperimentazioni, abbiano superato di volta in volta i limiti delle capacità espressive della fotografia, rendendola il mezzo espressivo più importante nell’ambito delle arti visive della nostra epoca. Le potenzialità creative della fotografia non sono mai state esplorate così intensamente come nella prima metà del XX secolo. Non solo i fotografi, ma anche molti artisti figurativi, sia in Europa sia negli Stati Uniti, hanno sperimentato le possibilità di questo medium di recente invenzione e hanno ideato e sviluppato tecniche e metodi che ancora oggi costituiscono le basi per le più recenti tendenze della fotografia. Ciò non vale solo per l’impiego della fotografia nel giornalismo, in architettura, nella moda e in pubblicità: l’utilizzo di elementi fotografici nelle arti figurative ha conosciuto una straordinaria diffusione proprio in questi decenni. La selezione di oltre duecento fotografie della collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art di New York che il MASI espone per la prima volta in Europa, offre una visione senza uguali di questo sviluppo. Tra il 1977 e il 1997 il collezionista Thomas Walther ha raccolto le migliori stampe d’epoca ancora esistenti dei più importanti esponenti dei movimenti modernisti così come una sorprendente selezione di immagini di professionisti meno conosciuti attivi prima della seconda guerra mondiale, riunendole in una collezione unica al mondo che il […]

Astarita, da 43 anni in periferia

Lo storico negozio di fotografia Astarita si trovava in Piazza Pompeo Castelli, tra il quartiere Villapizzone e la Cagnola, nella periferia Nord di Milano, aveva solo una vetrina; venne aperto e avviato dal Signor Luigi e da sua moglie Albina, i quali iniziarono a commercializzare le pellicole della Kodak fino a riuscire a conquistarsi la fiducia di una clientela affezionata sempre più ampia. Dal 1978, il nome Astarita è garanzia di competenza e cortesia; il negozio che adesso non vende solamente fotografia, ma anche occhiali e tutto quello che riguarda l’ottica (durante il periodo del lockdown molti milanesi hanno riscoperto l’osservazione astronomica) è cresciuto nel corso degli anni con una rete dei contatti sempre più vasta, fino a diventare  uno dei punti di riferimento in città, per gli appassionati del settore che hanno trovato in Astarita qualcosa in più de “il negozio di fiducia sotto casa”. Nel 1967 e nel 1965 nacquero Daniele e Marco Astarita. Una volta cresciuti, i due fratelli sono stati coinvolti anche loro nell’attività  commerciale di quella che è diventata una consolidata realtà di famiglia. Il passaparola della clientela soddisfatta hanno fatto conoscere il loro nome anche nel resto della città, gli Astarita si sono ingranditi, hanno aperto un negozio di ottica anche in zona Isola; uno nella China Town milanese ed un altro in un centro commerciale a Novate Milanese, fino a dedicarsi, negli ultimi anni, anche alla vendita sul web. Daniele, nostro ospite mercoledì 31/3 della seconda parte  di: “Anno 2021: dove va la fotografia?”  segue le vendite per la fotografia nel nuovo negozio a pochi passi da dove è iniziata l’attività dei suoi genitori, mentre  Marco si occupa del reparto Ottica. Tutto va per il meglio, gli spazi sono  aumentati,  i punti vendita si sono moltiplicati ed ecco che il negozio Astarita  in Via Grosseto 1, oggi può vantare ben 9 vetrine. Ma la grandezza del negozio Astarita non è data dagli spazi, quanto dalle persone che lo gestiscono e se parliamo di fotografia, nel quartiere vicino a via Mac Mahon, il nome di Daniele è ormai un punto di riferimento. Super gettonato dai suoi affezionati clienti, Daniele ha un vero e […]

Giancarlo Vaiarelli Platinotipista

Giancarlo Vaiarelli nasce a Roma Ostia nel 1957; da bambino casualmente gli capita di fare la comparsa in un film di Aldo Fabrizi, rimane affascinato da questo mondo che appassiona anche il padre, cineamatore dilettane. Da ragazzo rimane nell’ambiente dei set cinematografici di Cinecittà come fotografo di scena. In seguito, si occupa di reportage, anche se forse potremmo dire che, come molti altri suoi colleghi romani, era considerato un paparazzo, ovvero un fotografo che più che inseguire le notizie concordava con i diretti interessati (attori, dive, soubrettes e vari personaggi dell’ambiente dello spettacolo che decidevano di dare scandalo per farsi pubblicità e attirare su di sé l’attenzione del pubblico) eventi che potevano finire sulle pagine dei giornali locali e talvolta anche su quelli internazionali. A contatto con i fotoreporter stranieri di agenzie prestigiose, come la Associated Press, France Presse e via dicendo, ha la possibilità di valutare la grande qualità di stampa con cui venivano presentati i servizi fotografici dei fotografi più prestigiosi di quegli anni che, ovviamente, lavoravano in bianco e nero per soddisfare le esigenze della stampa tipografica di riviste e quotidiani, ma anche per necessità di ottenere in tempi molto stretti immagini da mostrare ai lettori. La fotografia a colori era ancora piuttosto costosa e poco considerata dal mondo dell’informazione su carta stampata. Anche Giancarlo vuole migliorare la qualità delle sue fotografie e riuscire a riprodurre l’estensione di toni grigi, dei bianchi e la profondità di neri che compaiono sulle stampe meglio riuscite. Non riesce a trovare un maestro in Italia, così decide, su consiglio di un fotoreporter americano, di andare a Londra per farsi assumere in uno dei principali laboratori di sviluppo e stampa della capitale inglese ed è in questo modo che poco alla volta il suo desiderio di diventare stampatore fine art ha il sopravvento sulla possibilità di occuparsi della sola ripresa delle immagini fotografiche. Per diversi anni in camera oscura usa solo la carta baritata in bianco e nero, il colore lo tratta molto poco, non gli è mai interessato. A metà degli anni 1980 si sono avvicina alla platinotipia, una delle prime scoperte della fotografia. […]

Fabio Castelli: come la competenza e la passione per la grafica sono sfociate nell’interesse per la fotografia d’arte

Fabio Castelli, uno dei personaggi più importanti dell’ambiente dell’arte e della fotografia milanese, è l’ideatore e l’organizzatore della MIA Photo Fair, la fiera internazionale della fotografia artistica che ha visto la sua prima edizione nel 2011. Dopo dieci anni ci sono stati molti cambiamenti; per avere qualche notizia in anteprima abbiamo pensato di invitare il dottor Castelli alla nostra seconda puntata di: “Anno 2021, dove va la fotografia?”; un programma in diretta radiofonica dedicato alla fotografia contemporanea, in onda su www.radioatlanta.it il giorno 31 marzo dalle ore 18 alle 19,30. Vi riproponiamo una breve intervista a Fabio Castelli condotta da Tony Graffio nel 2016 Tony Graffio: Dottor Castelli, quando è nata in lei la passione per l’arte? Fabio Castelli: La mia storia di collezionista inizia da molto lontano e con delle evoluzioni molto precise che fanno parte della storia della mia vita. La mia passione per l’arte, in generale, nasce quando io avevo 20 anni ed è stata sempre parallela ad ogni attività in cui io sono stato imprenditore. L’arte per me è stata sempre molto importante e mi ha supportato dandomi l’energia anche per tutte le altre attività lavorative. TG: Di che  cosa si occupava prima di diventare il patron della MIA Photo Fair? Fabio Castelli: Avevo un’attività nel campo della siderurgia speciale e nel campo dell’informatica. Avevo delle aziende e svolgevo un’attività imprenditoriale.  La fiera MIA è nata 5 anni fa, in un momento di crisi in cui, se avessi dovuto scegliere a tavolino, sarebbe stata un’impresa molto improbabile. Penso che tutte le leggi della logica mi avrebbero impedito d’affrontare un’iniziativa così, come quella alla quale poi ho dato vita che poi è andata molto bene. Cosa che capita di solito quando ci si butta di slancio, di cuore con passione, senza pensarci ed alla fine sono andato molto bene. TG: Dott. Castelli, colleziona anche altre forme d’arte, oltre alla fotografia? Fabio Castelli: Sì, il mio interesse per l’arte s’intreccia in diverse collezioni, a vent’anni ho iniziato con l’arte contemporanea d’allora, di artisti giovanissimi che costavano molto poco, poi ho continuato con l’arte contemporanea. TG: Può farmi il nome di qualche […]

Il 25 Marzo è il giorno di Dante Alighieri

Quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri avvenuta nella notte tra il 13 ed il 14 settembre 1321; mentre la data di nascita del somma poeta non  è del tutto chiara, ma risale a circa 60 anni prima. Ma allora perché il Dantedì ricorre proprio oggi? Perché, secondo gli studiosi, la data di inizio del viaggio nell’Aldilà della Divina Commedia sarebbe da collocare proprio il 25 Marzo.  Il primo canto dell’Inferno si riferisce a questa giornata, o meglio, alla notte tra giovedì 24 marzo e venerdì 25 dell’anno 1300, quando Dante Alighieri era nel mezzo della sua vita e aveva 35 anni d’età: secondo il Salmo XC.10, “I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni e per i più forti a ottanta”. Se si considera perciò che un uomo, a quei tempi, poteva arrivare fino a circa settant’anni di età, la metà di questa cadeva proprio a 35. Guerre permettendo.  

Orologi Vintage e canoni di bellezza, le riflessioni di un collezionista

Non mi sento di parlare di canoni di bellezza di un vintage perché dipendono da fattori dettati esclusivamente dai gusti personali. Riferendomi a quello che vendo, per esempio, mi sono accorto che molti considerano bello un orologio oversize; altri lo preferiscono piccolo, oppure c’è chi lo vuole solo dorato… Chi solo color argento… E così via. Non si possono stabilire dei “canoni”, ma piuttosto cercare di considerare quello che ti trasmette un oggetto particolare. Io ho i miei gusti chiaramente, ma quello che maggiormente mi affascina e comunque condiziona la scelta dell’acquisto, è l’idea dell’antico, della storia che l’orologio reca con sé; per questo sono disposto ad accettare anche le piccole imperfezioni e prediligo un orologio vissuto ad un pezzo nuovo, fondo di magazzino, anche a parità di periodo di costruzione. La mia origine in questo campo, è nel collezionismo. E per come interpretavo io la cosa, non mi importava tanto la qualità, quanto la quantità. Soprattutto all’inizio. Desideravo un pezzo purché fosse antico e meccanico… Era sufficiente trovare un orologio vecchio per indurmi all’acquisto, tanto che in passato ho comprato orologi davvero orrendi. Però l’emozione derivava nel vedere su un banchetto “l’orologio vintage”. La bellezza non era un parametro. Chiaramente, nel tempo ho affinato i gusti e quindi le mie scelte, rifiutando per esempio quei pezzi che risultavano poco “coevi”; tipo quadrante rifatto ma cassa consumata. Oppure una cassa nuova di zecca su un quadrante troppo vissuto, e così via. Nella storia dell’orologio interpretavo queste incoerenze come “manomissioni” che ne falsificavano la sua storia; era un fatto che mi disturbava. Questo modo di vedere le cose mi è rimasto anche ora che non solo riparo gli orologi, ma anche li restauro; se non riesco a mantenere una originalità spinta scelgo di utilizzare l’orologio come donatore per parti di ricambio. Concludendo: la bellezza per me è l’emozione di combinare qualcosa che piace per la sua originalità, senza tenere conto assolutamente del valore commerciale, quindi del mercato. Francesco Carbone Per saperne di più ascoltate il podcast: Orologi vintage: investimento calcolato o anacronismo?