C’è chi sostiene che in Italia i vegetariani e i vegani siano già consumatori involontari di insetti, in misura di circa 500 grammi all’anno. Si sa per certo infatti che tra le varie specie che contaminino gli alimenti nelle diverse fasi produttive, durante il trasporto e nei depositi di farine, legumi e altre derrate alimentari, non vi siano soltanto le tarme, come la Tignola fasciata o la Tignola grigia della farina, ma anche il Ptinide, il Tonchio del fagiolo, il Tonchio del caffé, l’Anobio del pane, il Pidocchio dei libri, lo Gnatocero cornuto, il Tribolio confuso della farina, il Necrobia rufibes, il Criptoleste, il Tarlo dell’avena, il Punteruolo del grano, il Punteruolo del mais, il Punteruolo del riso, il Cappuccino dei cereali, l’Attageno, il Trogoderma dei cereali, il Dermeste del lardo, il Dermeste maculato, il Trogoderma variabile (introdotto in Italia da poco tempo), il Tenebrione, il Silvano, il Silvano dei mercati, gli Stafilinidi, lo Gibbium Psylloides, il Coleottero australiano, lo Scarabeo ragno dorato, il Mozzaspighe del grano, il Tenebrone mugnaio, l’Acaro del prosciutto crudo, l’Acaro delle farine, l’Acaro domestico, il Tribolio delle farine e altri, tra cui larve, pupe e uova difficilmente individuabili. Senza contare la presenza di piccoli mammiferi e altri animali che tentano di nutrirsi frequentando i luoghi in cui i prodotti che consumiamo per l’alimentazione umana vengono conservati. Molti di questi insetti sono in grado di contaminare gli alimenti e causare irritazione cutanea o intestinale e di compromettere la commestibilità delle derrate. Naturalmente, si cerca di impedire che questi insetti si introducano nei nostri depositi e facciano razzie, ma non sempre si riescono ad ottenere risultati soddisfacenti. Per combattere questi infestanti si ricorre all’utilizzo di lampade UV, alla lotta chimica, a trappole meccaniche e al monitoraggio dell’ambiente da proteggere.
Il consumo di insetti da parte dell’uomo risale alla preistoria, ma oggi, in particolare nei paesi occidentali, gli alimenti culturalmente accettabili risultano essere il miele e la pappa reale; infatti le api sono considerate alla stregua di insetti amici e indispensabili a tutte le forme di vita. Eppure in passato, nei libri sacri delle tre religioni monoteistiche era scritto quali insetti erano da considerarsi kosher, ovvero conformi alla Legge divina.
Ebbene sì, cristiani, ebrei e musulmani possono mangiare solo alcuni tipi di insetti, si parla di locuste e cavallette, ogni sorta di acridi, una famiglia di ortotteri del sottordine Celiferi.
Se pensiamo alle società povere di un tempo, non ci risulterà particolarmente strano che le popolazioni integrassero una dieta prevalentemente a base di cereali, legumi, latticini e qualche vegetale con proteine animali derivate da grossi insetti carnosi ricoperti da esoscheletri croccanti, ma bisogna tenere conto di cosa contengono questi biopolimeri: la chitina.
La digeribilità della chitina dipende dai comportamenti alimentari, che determinano i livelli di mRNA acido della chitinasi nello stomaco dei mammiferi e del pollame
La chitina, un polimero di N-acetil-D-glucosamina (GlcNAc), funziona come un importante componente strutturale negli organismi contenenti chitina inclusi crostacei, insetti e funghi. La chitinasi acida (Chia) è altamente espressa nei tessuti dello stomaco di topo, pollo e maiale che può digerire la chitina nei rispettivi tratti gastrointestinali (GIT). Studi in questa materia hanno appurato che i livelli di mRNA di Chia sono significativamente più bassi nello stomaco del bovino (erbivori) e del cane (carnivori) rispetto a quelli del topo, del maiale e del pollo (onnivori). Coerentemente con i livelli di mRNA, la proteina Chia è bassa nello stomaco bovino. Inoltre, l’attività chitinolitica degli enzimi Chia bovini e canini espressi da E. coli è moderatamente ma significativamente inferiore rispetto a quella degli enzimi Chia onnivori. Gli enzimi ricombinanti della Chia bovina e canina possono degradare i substrati della chitina nelle condizioni GIT artificiale. Inoltre, i genomi di alcuni animali erbivori come conigli e porcellini d’India non contengono geni Chia funzionali. Questi risultati indicano che il comportamento alimentare influenza i livelli di espressione della Chia così come l’attività chitinolitica dell’enzima e determina la digeribilità della chitina nei particolari animali.
In altre parole, possiamo dire che digeriamo ciò che siamo abituati a mangiare da generazioni e che l’introduzione di un nuovo alimento potrebbe avere delle controindicazioni sia per il nostro apparato digerente che per il nostro organismo.
Nell’ambito della ricerca delle scelte alimentari sostenibili, gli insetti commestibili attirano sempre più l’attenzione, soprattutto in previsione di un pianeta che nel 2050 potrebbe ospitare oltre 10 miliardi di abitanti. C’è chi vorrebbe proporre nuove soluzioni alimentari, però non si sa ancora abbastanza sul destino digestivo delle nuove opzioni alimentari e in particolare si sa poco sulla fermentescibilità del colon degli insetti commestibili o sulla chitina, che si trova in molti insetti o crostacei. Alcuni studi hanno esaminato le proprietà e la fermentescibilità delle polveri di grilli (Acheta domestica), pupe di bachi da seta (Bombyx mori) o chitina isolata. Ciò è stato fatto dopo la digestione orale, gastrica e intestinale in vitro e la successiva fermentazione in bioreattori anaerobici inoculati con feci umane di 10 volontari sani. Nello specifico, ciascun campione fecale è stato suddiviso in reattori anaerobici a 5 paralleli alimentati con campioni di insetti e fruttooligosaccaridi o controllo negativo. Questi sono stati campionati dopo 0, 5, 10 e 24 ore e sottoposti a sequenziamento del gene 16S rRNA e determinazione GC-MS degli acidi grassi a catena corta. Le fermentazioni del colon rivelano che la chitina (p<0,05) ha sostenuto in modo significativo un aumento delle misure di biodiversità (ad esempio, diversità alfa utilizzando l’indice di Shannon) più delle polveri di insetti interi, ma senza fluttuazioni pronunciate nella produzione di acidi grassi a catena corta. Analisi specifiche evidenziano inoltre che la chitina potrebbe essere parzialmente responsabile di questa osservazione e che la sua forma isolata potrebbe indurre la crescita di simbionti come membri delle famiglie Ruminococcaceae e Lachnospiraceae e dei generi Faecalibacterium e Roseburia. Nel complesso, questo studio suggerisce che la chitina degli insetti potrebbe essere un potenziale nuovo prebiotico, tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche per accertare questa nozione.
Un po’ di buon senso non guasta mai: non sappiamo esattamente quali conseguenze potrebbe far insorgere un consumo quotidiano di chitina, ma potremmo pensare che così come non ci sogneremmo mai di pranzare e cenare incessantemente a gamberoni e astici, probabilmente nessuno vorrà assumere grilli e locuste troppo spesso. Gli insetti potrebbero essere considerati proprio come l’evoluzione dei crostacei e avere proprietà simili, solo che ognuno di noi ha imparato a sgusciare i gamberetti, così come gli altri crostacei, cosa che invece non è possibile fare con la farina di grillo; in quanto questi insetti vengono macinati interamente, senza alcuno scarto.
L’assunzione di chitina per l’essere umano non è una cosa di poco conto o un’azione del tutto priva di rischi. Una possibile conseguenza potrebbe essere una reazione allergica, ma non è nemmeno da sottovalutare la possibilità che tale polisaccaride ostacoli l’assorbimento di alcune sostanze nutrienti come ferro, magnesio, calcio e zinco.
Un altro dato che non viene quasi mai menzionato è il costo della farina di insetti.
L’Unione Europea tende a invogliare il consumo di questa farina da miscelare con farine di cereali, ma ricordiamoci che l’attuale costo è fissato intorno agli 80 euro al chilogrammo, un prezzo non proprio popolare. C’è poi da notare che mentre in Africa e nel Sud Est asiatico l’allevamento di insetti a scopi alimentari, legati soprattutto all’allevamento di animali avicoli, è affidato a piccole imprese familiari; in Europa tali allevamenti stanno sviluppandosi soprattutto per l’interesse della grande industria.
Ciò che molto probabilmente sta inducendo i governi dei paesi industrializzati a imporre alle popolazioni mondiali il consumo di insetti è anche il fatto che i grandi cambiamenti ambientali in corso stanno provocando un progressivo impoverimento delle falde acquifere dolci, oltre che l’impoverimento dei terreni e conseguentemente si stanno cercando di incrementare coltivazioni e allevamenti di animali che richiedano una minore quantità di acqua. Infatti, come tutti sappiamo, locuste, cavallette e grilli prosperano e si riproducono in maniera infestante negli habitat più aridi dove imperversano climi molto secchi.
Stranamente, da una parte i governi mondiali negano il cambiamento climatico, mentre dall’altra intendono preparare le loro popolazioni a periodi di grandi carestie.
Quella che adesso può sembrare una scelta bizzarra, in futuro potrebbe diventare una vera necessità alimentare. Non è da escludere che i ricchi potranno sempre permettersi di rivolgersi verso i loro alimenti preferiti, anche se c’è chi sostiene che la farina di grillo non ha un sapore distinguibile, se miscelata ad altre farine, però noi immaginiamo che, potendoselo permettere, sarà sempre meglio non eccedere in quantità o frequenza eccessiva nel consumo di questi tipi di alimenti dall’aspetto e dall’odore poco invitante.
Cercheremo di approfondire questo argomento in futuro, in quanto è molto collegato al benessere psicofisico e alla salute di tutti noi.
Fonti: Rentokil.com; riviste internazionali e TG