Fabio Castelli, uno dei personaggi più importanti dell’ambiente dell’arte e della fotografia milanese, è l’ideatore e l’organizzatore della MIA Photo Fair, la fiera internazionale della fotografia artistica che ha visto la sua prima edizione nel 2011. Dopo dieci anni ci sono stati molti cambiamenti; per avere qualche notizia in anteprima abbiamo pensato di invitare il dottor Castelli alla nostra seconda puntata di: “Anno 2021, dove va la fotografia?”; un programma in diretta radiofonica dedicato alla fotografia contemporanea, in onda su www.radioatlanta.it il giorno 31 marzo dalle ore 18 alle 19,30.
Vi riproponiamo una breve intervista a Fabio Castelli condotta da Tony Graffio nel 2016
Tony Graffio: Dottor Castelli, quando è nata in lei la passione per l’arte?
Fabio Castelli: La mia storia di collezionista inizia da molto lontano e con delle evoluzioni molto precise che fanno parte della storia della mia vita.
La mia passione per l’arte, in generale, nasce quando io avevo 20 anni ed è stata sempre parallela ad ogni attività in cui io sono stato imprenditore. L’arte per me è stata sempre molto importante e mi ha supportato dandomi l’energia anche per tutte le altre attività lavorative.
TG: Di che cosa si occupava prima di diventare il patron della MIA Photo Fair?
Fabio Castelli: Avevo un’attività nel campo della siderurgia speciale e nel campo dell’informatica. Avevo delle aziende e svolgevo un’attività imprenditoriale. La fiera MIA è nata 5 anni fa, in un momento di crisi in cui, se avessi dovuto scegliere a tavolino, sarebbe stata un’impresa molto improbabile. Penso che tutte le leggi della logica mi avrebbero impedito d’affrontare un’iniziativa così, come quella alla quale poi ho dato vita che poi è andata molto bene. Cosa che capita di solito quando ci si butta di slancio, di cuore con passione, senza pensarci ed alla fine sono andato molto bene.
TG: Dott. Castelli, colleziona anche altre forme d’arte, oltre alla fotografia?
Fabio Castelli: Sì, il mio interesse per l’arte s’intreccia in diverse collezioni, a vent’anni ho iniziato con l’arte contemporanea d’allora, di artisti giovanissimi che costavano molto poco, poi ho continuato con l’arte contemporanea.
TG: Può farmi il nome di qualche artista le cui opere sono inserite nella sua collezione?
Fabio Castelli: Sì, sì, ho un ricordo preciso di Pino Tamburello perché una notte tornavo a casa e lui si trovava con la sua macchina piena di quadri parcheggiata davanti al mio portone. Erano circa le due di notte gli chiesi se voleva una mano a scaricare la macchina, poi abbiamo parlato, mi ha offerto un bicchiere di vino, ho visto i suoi lavori e mi sono piaciuti. Il giorno dopo avevo preso lo stipendio, sono tornato da lui ed ho comprato la mia prima opera. Da lì è nata la passione ed ho iniziato a collezionare altre cose. Poi studiando, andando nei musei, seguendo le aste, ho affinato il mio gusto. In quel periodo c’era Crippa, Dovera, Matta, poi volevo delle opere ancora più importanti, ma non avevo finanze per entrare in quel mondo, pur restando alla ricerca della grande qualità. Allora ho cambiato supporto, sono passato alla grafica e mi son permesso il massimo assoluto delle opere di questo tipo. Purtroppo la grafica non è mai stata capita in Italia, ma è un ottimo mezzo espressivo, anche se devo dire che qui la grafica è sempre stata vista come l’ancella delle altre forme d’arte.
TG: Non la si apprezzava perché era disegnata su carta?
Fabio Castelli: In parte sì, ma forse perché era considerata un sotto-prodotto e gli artisti stessi la consideravano così. A parte qualche illuminato, tipo Morandi, di cui avevo acquistato ovviamente delle cose bellissime, perché costavano le cinquantamila lire o le centomila lire d’allora ed erano il massimo della qualità della grafica di quei tempi.
Viviani era un altro grande grafico; Guttuso, Cascella, facevano della grafica un sotto-prodotto artistico. Ciò nonostante io ho fatto una collezione importante di grafica, dagli incunaboli in poi, perché per me l’arte è sempre stato un modo per conoscere e per accrescere la mia esperienza di vita.
TG: Perché gli incunaboli?
Fabio Castelli: Perché ho sentito il bisogno d’andare agli inizi della storia dell’arte ed agli inizi della storia della stampa. E quindi dei grandi: Dürer, Rembrandt, Schongauer, fino ai contemporanei. Questo tipo di percorso è stato per me importante perché è stato fortemente formativo, dal punto di vista culturale. Nel campo della grafica, cercavo il meglio di come l’autore s’era cimentato nei vari tipi di tecniche e di supporto. Per esempio, l’espressionista tedesco ha comunicato la sua arte in modo straordinario attraverso la xilografia. Quel segno grosso sul legno era molto coerente al suo linguaggio. La xilografia m’ha attratto e ho voluto indagare anche nel campo della xilografia giapponese scoprendo un altro mondo meraviglioso, quello dell’Ukiyo e, un periodo storico straordinario che ha dato modo di creare i capolavori di Hokusai, Utamara, Sharaku e altri. Da lì, mi sono collegato al mondo del Liberty perché il Déco prendeva dal gusto giapponese. Mi sono interessato ai vetri francesi come i Gallé ed alle altre produzioni di quel periodo. Contemporaneamente, rimanendo nel mondo giapponese m’interessavo alle lacche, poi, facendo arti marziali, mi piacevano le katane, le else delle katane e tutto quello che aveva a che fare con quel modo d’esprimersi attraverso l’arte applicata. Arrivato alla scuola di Barbizon, Corot eccetera, una delle tecniche da loro più utilizzate era il cliché verre, una lastra di vetro annerita con il nero fumo, su cui l’artista disegnando, toglieva il nero fumo, o l’inchiostro, per mettere questa lastra di vetro su carta fotosensibile e ottenere una stampa di linee nere su carta fotografica. L’uso del segno grafico con la carta sensibile era per me il primo approccio alla fotografia. Da lì sono ripartito, come dagli incunaboli ed ho iniziato a raccogliere daguerrotipi, talbotipi eccetera, fino al contemporaneo.
TG: Chi è veramente un collezionista?
Fabio Castelli: Il ruolo del collezionista dovrebbe essere salvifico perché dovrebbe mantenere unita una collezione e anche manutenere le opere per passarle poi ai posteri. Dalla mia passione per l’arte è nata la MIA Fair, certamente, tenendo di conto un discorso economico, non da speculatore, ma per far vivere al meglio una manifestazione di portata mondiale. Mi interessa dare vita a qualcosa che sia culturalmente valido ed importante. Per la città e per la gente. Devo trovare delle risorse per permettere al pubblico d’imparare delle cose, di divertirsi.
MIA Fair quest’anno ha cambiato la sua sede espositiva prediligendo gli spazi del Superstudio Maxi; le date dell’appuntamento sono state fissate dal 7 al 10 ottobre.
Per maggiori dettagli, Vi rimandiamo all’ascolto della trasmissione in cui Fabio Castelli ci ha parlato delle novità di questa edizione 2021.