Nella Milano degli anni ’80 gli affari andavano a gonfie vele per tutti, i soldi scorrevano a fiumi, l’industria e la moda avevano trascinato l’Italia tra le prime 5 potenze economiche mondiali e tutte le grandi band musicali facevano tappa nella nostra città. A quel tempo era impensabile trascurare Milano, sia dal punto di vista del business che dello spettacolo e del costume. In quegli anni sono nati nuovi movimenti di giovani rampanti che non aspettavano altro che godersi la loro parte di fortuna nella vita, anche per mostrare ai loro coetanei quanto erano opulenti ed eleganti.
Tutto sembrava facile e alla portata di mano, eppure c’era chi era contro questo modo di vivere e aveva altri interessi e valori da proporre: c’era chi non era interessato ai soldi e sbocciando come un fiore tra la spazzatura era capace di rendere il brutto bello. C’era chi si era messo a suonare una musica dura senza curarsi di come si suonasse una chitarra, c’era chi lottava contro tutti i potenti e contro chi voleva omologare le masse. Quei ragazzi controcorrente erano un segnale di cui molti avevano bisogno. Erano influenzati da ciò che accadeva nel mondo, ma erano completamente aderenti alla storia del loro contesto sociale, radicati nel territorio, ma proiettati verso un mondo senza nome né futuro. Erano presenti in ogni città sotto forme diverse ma dai contenuti simili. A Milano erano i Virus PunX.
Mercoledì 1 dicembre, Giacomo Spazio, 64 anni, un artista milanese legato alla Street-Art, alla musica Underground, alla grafica, alla divulgazione culturale e all’informazione, è stato ospite dei: “Frammenti di Spettacolo e Cultura” di Tony Graffio. L’occasione si è presentata per la recente pubblicazione del libro: “Virus, il Punk è rumore – 1982-1989″, edito da Goodfellas Edizioni di cui abbiamo parlato anche in trasmissione.
In rappresentanza degli Stinky Rats e delle voci del Punk si è collegato con noi da Torino Giampo Coppa che è anche un fecondo Visual Artist, noto per i suoi poster psichedelici ed i fumetti dei Motorfreakers Monster Family.
Il Virus, inteso, come spazio creativo occupato, nacque dalle scintille sprigionate dalla cocciutaggine adolescenziale e dalla apertura mentale di un gruppo di giovani che aveva l’urgenza di comunicare ed esprimere uno stato d’animo insofferente a quanto si trovava intorno a loro nella società dell’edonismo guerrafondaio e imperialista di chi vedeva il mondo solo come un mercato globale da conquistare e sfruttare.
Al Virus germogliò l’opportunità di portare avanti idee antimilitariste, libertarie, anarchiche, egualitarie, pacifiste, non discriminatorie per genere o identità sessuale e, naturalmente, venne portata avanti la filosofia del Do-It-Yourself, anche se non era ancora molto chiaro che cosa significasse nella sua interezza questa scelta che si stava sperimentando con una grande potenza creativa. L’idea di fondo che accomunava questi ragazzi era anche quella era anche di poter prendere parte attiva alle cose, passando dallo scrivere un proprio giornale al suonare una musica nuova e dirompente, a cercare un’abitazione a costi accettabili.
Quando ci si rendeva conto che si passava dall’essere consumatori passivi di un prodotto a soggetti attivi della produzione, ci si rendeva conto che la propria vita poteva cambiare per sempre.
Questi ragazzi non sentivano il bisogno di essere accettati dalla società, che spesso li bersagliava di critiche o aggressioni fisiche, ma continuavano a proporre i loro messaggi di rottura con il passato praticando una strada controcorrente, difficile, ma che a loro dava molte soddisfazioni e che sicuramente ha lasciato un segno anche nella società dei nostri giorni.
Per ascoltare il #podcast della trasmissione: IL VIRUS DEL PUNK