Dante Alighieri trascorse a Ravenna gli ultimi anni dell’esilio da Firenze e proprio nella città romagnola il Sommo Poeta morì nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321. Fu sepolto in un sarcofago all’esterno della Basilica di San Francesco, accanto alle mura del Convento dei Francescani e qui le sue spoglie rimasero per alcuni anni.
Sul finire del XIV secolo i fiorentini iniziarono a reclamare i resti del loro concittadino, ma queste richieste rimasero inascoltate e il sarcofago venne spostato solo di qualche metro per posizionarlo sul lato Ovest del chiostro chiamato Quadrarco di Braccioforte.
Nel 1519 papa Leone X autorizzò le richieste dell’Accademia Medicea per trasferire le ossa di Dante. Ma quando i delegati dell’Accademia aprirono il sarcofago dantesco lo trovarono vuoto. Furono i frati francescani ad aver fatto sparire le ossa del Poeta. I frati le tennero celate all’interno del convento, quando nel 1677 furono collocate in una cassetta di legno per volere del priore.
I frati tolsero le ossa dall’urna originaria un’altra volta, sempre per nasconderle e poterle conservare: accadde nel 1810, in pieno periodo napoleonico. La cassetta fu murata nell’oratorio attiguo, e nessuno ne seppe nulla per molti anni.
Chi faceva visita alla Tomba di Dante in realtà si trovava davanti ad una tomba vuota. Fino a quando, il 27 maggio 1865, un operaio ritrovò quell’urna. Uno studente, tale Anastasio Matteucci, tradusse l’iscrizione che l’urna recitava e gridò allo stupore: le ossa di Dante erano lì, non nella tomba! Ecco che la sua salma fu ricomposta, ed esposta al pubblico in una teca di cristallo per poi essere tumulata (di nuovo) nel tempietto che oggi possiamo ammirare.
Tomba di Dante a Ravenna
I resti furono sistemati nel tempietto commemorativo eretto nel 1780 dall’architetto Camillo Morigia, è questa quella che oggi conosciamo come Tomba di Dante.
I resti di Dante vennero spostati ancora una volta nel 1944, durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, la cassetta fu nascosta e qualcuno pensò anche di sostituire le ossa di Dante con le ossa di uno sconosciuto, azione che riuscì ad evitare che i soldati tedeschi si appropriassero delle reliquie dantesche quando Hitler diede l’ordine di trafugarle.
In Italia, le farneticazioni del Führer vennero infatti a conoscenza dell’Oss (Office of Strategic Services) che informa l’Ori (Organizzazione per la Resistenza italiana) di Raimondo Craveri, genero di Benedetto Croce. Dell'”operazione Dante” si occupò il colonnello delle SS Alexander Langsdorff: studioso di preistoria, archeologo di spedizioni in Medio Oriente, per sei anni ha fatto parte dello stato maggiore di Himmler ed ha lavorato presso l’Ahnenerbe (Società di ricerca dell’eredità ancestrale) interessata alle reliquie del passato. Croce avvisò il grecista Manara Valgimigli, che, a sua volta, avvertì monsignor Giovanni Mesini, studioso ravennate di Dante.
Con l’aiuto degli amici Bruno e Giorgio Roncucci e di Antonio Fusconi, custode della tomba dell’Alighieri, la notte fra il 22 e il 23 marzo 1944, il prete sostituì le ossa del poeta.
Ciò che accadde ci è stato rivelato solo adesso a distanza di 77 anni dal figlio di chi attuò questa sostituzione. Sergio Roncucci, 87 anni, fratello e figlio di due dei protagonisti di questa vicenda, Sergio allora aveva solo dieci anni, ma si ricorda bene di questi fatti, anche perché la guerra lo fece maturare in fretta.
Le spoglie di quello che i tedeschi credevano essere Dante furono inviate a Berlino per essere conservate in un mausoleo della cui costruzione fu incaricato l’architetto di Hitler, Albert Speer. Grazie allo spionaggio Usa, le ossa vennero sostituite con quelle di un cadavere anonimo, prelevato da una tomba abbandonata.
Quando i tedeschi si accorsero della beffa era ormai troppo tardi: la guerra era alla fine ed essi avevano altro a cui pensare. Hitler aveva cercato di impossessarsi anche dei resti di Cervantes, Zola, Molière, Tolstoj e Shakespeare: sull’esito di queste operazioni non ne sappiamo nulla.
Notizie tratte da Ansa e Ravenna Tourism