Ivano Astesana, mastro birraio fondatore del Birrificio della Granda

Ivano Astesana, mastro birraio fondatore del Birrificio della Granda

Prima di diventare mastro birraio e dar vita ad un’impresa tutta sua, Ivano Astesana è stato consulente informatico e prima ancora biologo. Dopo aver lavorato per sette anni in giro per l’Italia, Ivano ha sentito la necessità di trovare un’occupazione che gli permettesse di riconciliarsi coi ritmi stagionali della terra e di stare più vicino alla sua famiglia d’origine. Ha scelto così di occuparsi dell’azienda agricola del padre, a Lagnasco (CN). A quell’epoca, ha cominciato a produrre birra, un po’ per gioco, un po’ per mettersi alla prova, ma quando ha capito che bastava migliorare la tecnica per poter ottenere qualcosa di valido e concreto, ha deciso che quello sarebbe stato il suo nuovo lavoro. La produzione di birra artigianale per scopi commerciali ha avuto inizio nel 2009; la passione lo ha coinvolto a tal punto che Ivano seguiva personalmente ogni fase della lavorazione: dalla scelta delle materie prime, all’imbottigliamento. Per un certo periodo si è messo perfino a disegnare le etichette delle bottiglie ed ha aperto un piccolo pub dietro casa per cercare di avvicinare il pubblico alle sua bevanda preferita. L’idea del Birrificio della Granda prendeva sempre più forma: i primi incassi sono stati subito reinvestiti per continuare a tener vivo il progetto di Ivano che, comprendendo di non poter fare più tutto da solo, ha incominciato a pensare di coinvolgere dei validi collaboratori che avessero il desiderio di condividere il suo sogno e gli permettessero di far finalmente decollare il Birrificio come una vera attività imprenditoriale. Era l’anno 2012. Nel 2020, Ivano ha rimodernato le linee delle birre con nuove ricette e iniziando a confezionarle in lattina. Per la parte grafica e artistica si è affidato a vari illustratori e street artist e adesso la riconoscibilità del suo marchio è completa. Sono nate così due famiglie di prodotti: The Girls e le Hop for The Geek. The Girls allineano birre di gradazione più leggera molto amate da un pubblico più giovane; mentre le Hop for the Geeks (H4TG) sono una linea più ricercata, dal gusto più raffinato, dedicata ai cultori della birra artigianale e di tutti i suoi stili. Il design di questa seconda linea è affidato per […]

Capolavori della Fotografia Moderna 1900-1940: La collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art, New York

Mostra organizzata dal Museum of Modern Art, New York a cura di Sarah Meister, curatrice del Dipartimento di Fotografia, The Museum of Modern Art, New York, Quentin Bajac, direttore del Jeu de Paume, Parigi e Jane Pierce, assistente alla ricerca, Carl Jacobs Foundation, The Museum of Modern Art, New York Coordinamento e sviluppo del progetto al MASI: Francesca Bernasconi e Ludovica Introini 25 aprile – 1 agosto 2021 Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano MASI | LAC masilugano.ch Dal 25 aprile al 1 agosto 2021 il MASI Lugano espone per la prima volta in Europa la collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art di New York. La straordinaria selezione di oltre duecento capolavori della fotografia della prima metà del XX secolo rivela come i fotografi attivi in questo periodo storico, grazie alla loro esuberante creatività e alle radicali sperimentazioni, abbiano superato di volta in volta i limiti delle capacità espressive della fotografia, rendendola il mezzo espressivo più importante nell’ambito delle arti visive della nostra epoca. Le potenzialità creative della fotografia non sono mai state esplorate così intensamente come nella prima metà del XX secolo. Non solo i fotografi, ma anche molti artisti figurativi, sia in Europa sia negli Stati Uniti, hanno sperimentato le possibilità di questo medium di recente invenzione e hanno ideato e sviluppato tecniche e metodi che ancora oggi costituiscono le basi per le più recenti tendenze della fotografia. Ciò non vale solo per l’impiego della fotografia nel giornalismo, in architettura, nella moda e in pubblicità: l’utilizzo di elementi fotografici nelle arti figurative ha conosciuto una straordinaria diffusione proprio in questi decenni. La selezione di oltre duecento fotografie della collezione Thomas Walther del Museum of Modern Art di New York che il MASI espone per la prima volta in Europa, offre una visione senza uguali di questo sviluppo. Tra il 1977 e il 1997 il collezionista Thomas Walther ha raccolto le migliori stampe d’epoca ancora esistenti dei più importanti esponenti dei movimenti modernisti così come una sorprendente selezione di immagini di professionisti meno conosciuti attivi prima della seconda guerra mondiale, riunendole in una collezione unica al mondo che il […]

Astarita, da 43 anni in periferia

Lo storico negozio di fotografia Astarita si trovava in Piazza Pompeo Castelli, tra il quartiere Villapizzone e la Cagnola, nella periferia Nord di Milano, aveva solo una vetrina; venne aperto e avviato dal Signor Luigi e da sua moglie Albina, i quali iniziarono a commercializzare le pellicole della Kodak fino a riuscire a conquistarsi la fiducia di una clientela affezionata sempre più ampia. Dal 1978, il nome Astarita è garanzia di competenza e cortesia; il negozio che adesso non vende solamente fotografia, ma anche occhiali e tutto quello che riguarda l’ottica (durante il periodo del lockdown molti milanesi hanno riscoperto l’osservazione astronomica) è cresciuto nel corso degli anni con una rete dei contatti sempre più vasta, fino a diventare  uno dei punti di riferimento in città, per gli appassionati del settore che hanno trovato in Astarita qualcosa in più de “il negozio di fiducia sotto casa”. Nel 1967 e nel 1965 nacquero Daniele e Marco Astarita. Una volta cresciuti, i due fratelli sono stati coinvolti anche loro nell’attività  commerciale di quella che è diventata una consolidata realtà di famiglia. Il passaparola della clientela soddisfatta hanno fatto conoscere il loro nome anche nel resto della città, gli Astarita si sono ingranditi, hanno aperto un negozio di ottica anche in zona Isola; uno nella China Town milanese ed un altro in un centro commerciale a Novate Milanese, fino a dedicarsi, negli ultimi anni, anche alla vendita sul web. Daniele, nostro ospite mercoledì 31/3 della seconda parte  di: “Anno 2021: dove va la fotografia?”  segue le vendite per la fotografia nel nuovo negozio a pochi passi da dove è iniziata l’attività dei suoi genitori, mentre  Marco si occupa del reparto Ottica. Tutto va per il meglio, gli spazi sono  aumentati,  i punti vendita si sono moltiplicati ed ecco che il negozio Astarita  in Via Grosseto 1, oggi può vantare ben 9 vetrine. Ma la grandezza del negozio Astarita non è data dagli spazi, quanto dalle persone che lo gestiscono e se parliamo di fotografia, nel quartiere vicino a via Mac Mahon, il nome di Daniele è ormai un punto di riferimento. Super gettonato dai suoi affezionati clienti, Daniele ha un vero e […]

Giancarlo Vaiarelli Platinotipista

Giancarlo Vaiarelli nasce a Roma Ostia nel 1957; da bambino casualmente gli capita di fare la comparsa in un film di Aldo Fabrizi, rimane affascinato da questo mondo che appassiona anche il padre, cineamatore dilettane. Da ragazzo rimane nell’ambiente dei set cinematografici di Cinecittà come fotografo di scena. In seguito, si occupa di reportage, anche se forse potremmo dire che, come molti altri suoi colleghi romani, era considerato un paparazzo, ovvero un fotografo che più che inseguire le notizie concordava con i diretti interessati (attori, dive, soubrettes e vari personaggi dell’ambiente dello spettacolo che decidevano di dare scandalo per farsi pubblicità e attirare su di sé l’attenzione del pubblico) eventi che potevano finire sulle pagine dei giornali locali e talvolta anche su quelli internazionali. A contatto con i fotoreporter stranieri di agenzie prestigiose, come la Associated Press, France Presse e via dicendo, ha la possibilità di valutare la grande qualità di stampa con cui venivano presentati i servizi fotografici dei fotografi più prestigiosi di quegli anni che, ovviamente, lavoravano in bianco e nero per soddisfare le esigenze della stampa tipografica di riviste e quotidiani, ma anche per necessità di ottenere in tempi molto stretti immagini da mostrare ai lettori. La fotografia a colori era ancora piuttosto costosa e poco considerata dal mondo dell’informazione su carta stampata. Anche Giancarlo vuole migliorare la qualità delle sue fotografie e riuscire a riprodurre l’estensione di toni grigi, dei bianchi e la profondità di neri che compaiono sulle stampe meglio riuscite. Non riesce a trovare un maestro in Italia, così decide, su consiglio di un fotoreporter americano, di andare a Londra per farsi assumere in uno dei principali laboratori di sviluppo e stampa della capitale inglese ed è in questo modo che poco alla volta il suo desiderio di diventare stampatore fine art ha il sopravvento sulla possibilità di occuparsi della sola ripresa delle immagini fotografiche. Per diversi anni in camera oscura usa solo la carta baritata in bianco e nero, il colore lo tratta molto poco, non gli è mai interessato. A metà degli anni 1980 si sono avvicina alla platinotipia, una delle prime scoperte della fotografia. […]

Fabio Castelli: come la competenza e la passione per la grafica sono sfociate nell’interesse per la fotografia d’arte

Fabio Castelli, uno dei personaggi più importanti dell’ambiente dell’arte e della fotografia milanese, è l’ideatore e l’organizzatore della MIA Photo Fair, la fiera internazionale della fotografia artistica che ha visto la sua prima edizione nel 2011. Dopo dieci anni ci sono stati molti cambiamenti; per avere qualche notizia in anteprima abbiamo pensato di invitare il dottor Castelli alla nostra seconda puntata di: “Anno 2021, dove va la fotografia?”; un programma in diretta radiofonica dedicato alla fotografia contemporanea, in onda su www.radioatlanta.it il giorno 31 marzo dalle ore 18 alle 19,30. Vi riproponiamo una breve intervista a Fabio Castelli condotta da Tony Graffio nel 2016 Tony Graffio: Dottor Castelli, quando è nata in lei la passione per l’arte? Fabio Castelli: La mia storia di collezionista inizia da molto lontano e con delle evoluzioni molto precise che fanno parte della storia della mia vita. La mia passione per l’arte, in generale, nasce quando io avevo 20 anni ed è stata sempre parallela ad ogni attività in cui io sono stato imprenditore. L’arte per me è stata sempre molto importante e mi ha supportato dandomi l’energia anche per tutte le altre attività lavorative. TG: Di che  cosa si occupava prima di diventare il patron della MIA Photo Fair? Fabio Castelli: Avevo un’attività nel campo della siderurgia speciale e nel campo dell’informatica. Avevo delle aziende e svolgevo un’attività imprenditoriale.  La fiera MIA è nata 5 anni fa, in un momento di crisi in cui, se avessi dovuto scegliere a tavolino, sarebbe stata un’impresa molto improbabile. Penso che tutte le leggi della logica mi avrebbero impedito d’affrontare un’iniziativa così, come quella alla quale poi ho dato vita che poi è andata molto bene. Cosa che capita di solito quando ci si butta di slancio, di cuore con passione, senza pensarci ed alla fine sono andato molto bene. TG: Dott. Castelli, colleziona anche altre forme d’arte, oltre alla fotografia? Fabio Castelli: Sì, il mio interesse per l’arte s’intreccia in diverse collezioni, a vent’anni ho iniziato con l’arte contemporanea d’allora, di artisti giovanissimi che costavano molto poco, poi ho continuato con l’arte contemporanea. TG: Può farmi il nome di qualche […]

Il 25 Marzo è il giorno di Dante Alighieri

Quest’anno si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri avvenuta nella notte tra il 13 ed il 14 settembre 1321; mentre la data di nascita del somma poeta non  è del tutto chiara, ma risale a circa 60 anni prima. Ma allora perché il Dantedì ricorre proprio oggi? Perché, secondo gli studiosi, la data di inizio del viaggio nell’Aldilà della Divina Commedia sarebbe da collocare proprio il 25 Marzo.  Il primo canto dell’Inferno si riferisce a questa giornata, o meglio, alla notte tra giovedì 24 marzo e venerdì 25 dell’anno 1300, quando Dante Alighieri era nel mezzo della sua vita e aveva 35 anni d’età: secondo il Salmo XC.10, “I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni e per i più forti a ottanta”. Se si considera perciò che un uomo, a quei tempi, poteva arrivare fino a circa settant’anni di età, la metà di questa cadeva proprio a 35. Guerre permettendo.  

Orologi Vintage e canoni di bellezza, le riflessioni di un collezionista

Non mi sento di parlare di canoni di bellezza di un vintage perché dipendono da fattori dettati esclusivamente dai gusti personali. Riferendomi a quello che vendo, per esempio, mi sono accorto che molti considerano bello un orologio oversize; altri lo preferiscono piccolo, oppure c’è chi lo vuole solo dorato… Chi solo color argento… E così via. Non si possono stabilire dei “canoni”, ma piuttosto cercare di considerare quello che ti trasmette un oggetto particolare. Io ho i miei gusti chiaramente, ma quello che maggiormente mi affascina e comunque condiziona la scelta dell’acquisto, è l’idea dell’antico, della storia che l’orologio reca con sé; per questo sono disposto ad accettare anche le piccole imperfezioni e prediligo un orologio vissuto ad un pezzo nuovo, fondo di magazzino, anche a parità di periodo di costruzione. La mia origine in questo campo, è nel collezionismo. E per come interpretavo io la cosa, non mi importava tanto la qualità, quanto la quantità. Soprattutto all’inizio. Desideravo un pezzo purché fosse antico e meccanico… Era sufficiente trovare un orologio vecchio per indurmi all’acquisto, tanto che in passato ho comprato orologi davvero orrendi. Però l’emozione derivava nel vedere su un banchetto “l’orologio vintage”. La bellezza non era un parametro. Chiaramente, nel tempo ho affinato i gusti e quindi le mie scelte, rifiutando per esempio quei pezzi che risultavano poco “coevi”; tipo quadrante rifatto ma cassa consumata. Oppure una cassa nuova di zecca su un quadrante troppo vissuto, e così via. Nella storia dell’orologio interpretavo queste incoerenze come “manomissioni” che ne falsificavano la sua storia; era un fatto che mi disturbava. Questo modo di vedere le cose mi è rimasto anche ora che non solo riparo gli orologi, ma anche li restauro; se non riesco a mantenere una originalità spinta scelgo di utilizzare l’orologio come donatore per parti di ricambio. Concludendo: la bellezza per me è l’emozione di combinare qualcosa che piace per la sua originalità, senza tenere conto assolutamente del valore commerciale, quindi del mercato. Francesco Carbone Per saperne di più ascoltate il podcast: Orologi vintage: investimento calcolato o anacronismo?

Chi è Barbara Silbe, giornalista e curatrice molto attiva nel campo della fotografia

Barbara Silbe è giornalista, curatrice, photo editor e a sua volta fotografa. Co-fondatrice e direttore responsabile della rivista di cultura fotografica EyesOpen! Magazine, scrive di cultura, fotografia, tecnologia e turismo anche per il quotidiano Il Giornale, per il mensile Il Fotografo e per diverse altre testate (Il Domani, Arbiter, Style, Auto Italiana, Espansione, Digitalic…). Collabora con le reti Mediaset, per un approfondimento dedicato alla fotografia che va in onda periodicamente dopo il tg Studio Aperto nella fascia oraria serale. Critica, curatrice e esperta di editing editoriale, Barbara è un punto di riferimento del settore grazie alla sua esperienza, ma anche alla sua capacità di leggere ogni evoluzione della fotografia. Il suo blog Nella splendida cornice è ospitato sulla home page del sito del quotidiano Il Giornale. Insegna, cura mostre ed eventi, ha partecipato a numerose giurie di premi fotografici nazionali e internazionali. Tiene sessioni di letture portfolio e tutoring anche via Skype. Cosa non poco rilevante, è un’ambientalista e una viaggiatrice. Barbara Silbe è stata nostra ospite il 31/3 dalle ore 18 alle 19,30 nella trasmissione: “Anno 2021: dove va la fotografia ?” (seconda parte), qui potete ascoltare la registrazione di quanto trasmesso

Domenico Morezzi, il milanese che per 30 anni vendette orologi agli svizzeri

Nel 1937 Domenico Morezzi ha fondato la OISA (Orologeria Italiana Società Azionaria)  a Milano in viale Regina Margherita; poi trasferì i sui laboratori in viale Bligny, 28 ed in seguito ha fondato la FAAO (Fabbrica Italiana Abbozzi Orologeria) con sede in corso Como, 10. Domenico studiò e si diplomò orologiaio a Bienne, in Svizzera. Quando tornò in Italia portò a Milano la tecnologia per fare i movimenti meccanici degli orologi; in OISA ha progettato e costruito diversi calibri, 10& 1/2 , 6&3/4 x8 e tanti altri che vennero montati su orologi di vari i marchi come OISA, XEMEROS, YARI. In FAAO ha progettato 7&3/4, 10&1/2, 11&1/2, 13 linee; tutti ottimi movimenti ad ancora da 17 o 19 rubini, antichoc (Incabloc), oltre al 10&1/2 di cui esisteva anche una versione più economica a coppiglie (gupilles). Fabbricando i pezzi alla FAAO commercializzò altri suoi marchi tra cui: LA PONSINE, LA TORASSE, DAMENTZ, DAMIETZ, CHATELARD e altri; oltre a produrre orologi finiti col marchio dei clienti, ad esempio il NACAR. La figlia e il nipote, Carlo Boggio Ferraris, hanno proseguito l’attività di Domenico Morezzi per 10 anni dopo la morte del fondatore di OISA, fino al 1978, anno in cui la concorrenza degli orologi elettronici e delle meccaniche a basso prezzo stavano avendo la meglio su molti costruttori indipendenti; era un mercato in forte cambiamento. Domenico Morezzi è stato il primo e unico italiano a progettare e costruire in ogni sua parte orologi completi in Italia; i suoi prodotti erano di fascia media ed anche alcune aziende svizzere montavano i movimenti italiani che furono costruiti in circa 4’000’000 di pezzi ed adesso sono piuttosto ricercati dai collezionisti. Per saperne di più ascoltate il nostro podcast: Orologi vintage: investimento calcolato o anacronismo?

Gianmarco Maraviglia, un fotoreporter da approfondimento

Nato a Milano nel 1974, mostra molto presto un vivo interesse per il fotogiornalismo Diplomato in fotografia, presso l’Istituto Europeo di Design (IED), approfondendo gli aspetti imprenditoriali, alla ricerca di giovani e nuovi talenti. Lavora principalmente su progetti a lungo termine ed è affascinato da temi multiculturali e questioni sociali. Negli ultimi anni sta seguendo una personale ricerca su religione, riti, cerimonie in giro per il mondo, utilizzando l’aspetto spirituale come pretesto per raccontare storie di persone o popolazioni. I suoi lavori sono stati pubblicati su Die Zeit, Washington Post, D La Repubblica, Sette Corriere della Sera, Panorama, Io Donna, Aftenposten, Vanity Fair, Gioia, Svenska Dagbladet, Brigitte, Marie Claire, Woz, Emaho. È anche membro fondatore e direttore di Echo Photojournalism. Ecco chi è il fotogiornalista Gianmarco Maravaglia prossimo ospite della seconda puntata di “Anno 2021: dove va la fotografia?” rientrato ieri a Milano da un viaggio di lavoro in Iraq. Tony Graffio ha intervistato Gianmarco Maraviglia per farlo conoscere agli ascoltatori di Radio Atlanta Milano prima della trasmissione in cui sarà ospite della nostra emittente il prossimo mercoledì 31 marzo 2021 TG- Gianmarco, come sei arrivato alla fotografia di reportage? GM- Ci sono arrivato attraverso un percorso abbastanza elaborato e discontinuo; dopo aver frequentato l’università, mi sono iscritto ad un corso dello IED, da lì ho iniziato a lavorare in campo fotografico facendo lavori diversi: all’inizio come “paparazzo”, poi occupandomi di fotografare le macchine. Sono passato anche attraverso la fotografia di moda e di food, per un breve periodo, mi sono dedicato ad esperienze di vario tipo, fino a quando sono stato chiamato a dirigere un’agenzia fotogiornalistica. Per qualche anno, ho ricoperto questo importante ruolo all’interno di una società italiana, ma non facevo parte del gruppo dei fotografi di quell’agenzia di stampa. Questa esperienza mi ha fatto capire che io stesso volevo lavorare in un’agenzia con delle caratteristiche ben precise che fossero congegnate al mio modo d’essere e che mi permettessero di effettuare un approfondimento giornalistico dei fatti trattati. Nel 2013, ho fondato Echo Photojournalism ed ho chiamato a collaborare con me degli amici e dei colleghi internazionali con cui avevo già avuto modo […]