Sto bruciando, addio compagni!

Sto bruciando, addio compagni!

Un articolo di Tony Graffio tratto da Frammenti di Cultura

Negli anni ’60, essere un pioniere spaziale, un cosmonauta, significava diventare una specie di kamikaze, lo sapevano bene tutti in Unione Sovietica. Anche Yuri Gagarin era cosciente di questa realtà; ma per un ragazzo che aveva conosciuto la tragedia della guerra, e per i suoi coetanei, affrontare l’avventura di un viaggio nel cosmo, o anche soltanto pensare di sedersi all’interno di una sfera metallica per uscire dall’atmosfera terrestre, era un modo per mostrare il proprio valore ed il proprio coraggio ad un grande paese che aveva ancora molto bisogno di eroi.
Era un momento storico molto delicato in cui lo scontro tra culture ed ideologie doveva essere condotto su piani diversi da quelli militari. Era troppo rischioso affrontarsi apertamente dopo che nella Seconda Guerra Mondiale si era fatto ricorso alle prime bombe atomiche.
Riuscire a comandare a distanza missili che arrivavano esattamente dove li si voleva inviare era un argomento di dissuasione molto convincente nei confronti dei nemici.
Gagarin, Komarov e tutti gli altri cosmonauti erano dei soldati pronti a tutto, ma anche degli uomini entusiasti del loro compito e della loro vita.
Il 24 aprile del 1967, di ritorno da una missione spaziale che avrebbe dovuto festeggiare i 50 anni della rivoluzione bolscevica, Vladimir Komarov impattò contro il suolo troppo violentemente e perse la vita.
Se un anno prima, durante un banale intervento chirurgico non fosse morto Sergej Pavlovič Korolëv, probabilmente il destino della cosmonautica sovietica sarebbe stato molto diverso e chissà, forse il grande progetto di raggiungere la Luna con il razzo N1 avrebbe potuto essere portato a compimento prima degli americani.
L’Unione Sovietica durante il periodo della Guerra Fredda non lasciava trapelare quasi niente di ciò che accadeva all’interno del suo territorio e, come ben sappiamo, anche i sistemi di spionaggio non erano così evoluti da permetterci di capire esattamente che cosa significassero davvero le enigmatiche dichiarazioni che provenivano da quei territori.
Ancora adesso, molte domande che ci ponevamo allora sono rimaste senza risposta; proviamo a ripensare a cosa si è voluto nascondere e a cosa non ci convince, partendo dalle notizie e dalle voci che in qualche modo sono arrivate fino a noi.
Probabilmente, gli americani avevano maggior cura delle vite dei loro astronauti, ma anche ebbero le loroperdite e non sempre ci raccontarono esattamente quello che accadde realmente.
Negli anni ’60, i fratelli Judica Cordiglia riuscirono a captare segnali di trasmissioni radio che testimonierebbero della scomparsa di molti cosmonauti sovietici nello spazio ed anche un libro ungherese parla del fatto che Gagarin non fu il primo uomo ad andare nello spazio.
Gli americani sembra che fossero a conoscenza degli insuccessi sovietici, ma preferirono non parlare di queste tragedie per evitare di peggiorare i rapporti con i loro concorrenti nella corsa alla conquista dello spazio.
Nel documentario: “The Cosmonaut cover-up” si parla addirittura del fatto che il 7 aprile 1961 Vladimir Ilyushin partì per lo spazio, ma finì nei guai durante la prima orbita e atterrò in Cina durante la terza orbita. Ilyushin rimase gravemente ferito e venne restituito all’Unione Sovietica un anno dopo. Ilyushin rimase ucciso in un incidente automobilistico poco dopo il suo rientro in USSR.
Altre fonti riportano che il viaggio nello spazio di Gagarin fu orchestrato talmente bene che in Polonia i giornali con la notizia della sua impresa uscirono lo stesso 12 aprile 1961, mentre nel resto del mondo i giornali che riportarono questo evento arrivarono ai lettori soltanto il 13 aprile.
Ci furono pareri discordanti anche sul colore della tuta spaziale, Gagarin scrisse nel suo libro autobiografico d’aver indossato una tuta blu, mentre il quotidiano Sovetskaya Rossiya scrisse che era di colore arancione.
Dagli americani sono state ravvisate altre incongruenze piuttosto significative.
I cosmonauti non rischiavano la vita soltanto nel cosmo, ma anche stando a terra; insieme a Gagarin c’erano due sostituti pronti a prendere il suo posto (a che cosa sarebbero serviti se a detta dei detrattori tutto era solo una sceneggiata?), uno era German Titov e l’altro era Gregory Nelyubov che a differenza di Gagarin e Titov non indossava la tuta, ma era pronto ad affrontare il volo, in caso di circostanze particolari. Cosa accadde a Nelyubov dopo il rientro sulla Terra di Gagarin non è chiaro; si parla di un’espulsione da questo gruppo dei primi 20 temerari che avrebbero affrontato il cosmo, per motivi disciplinari. Stranamente, pochi anni dopo anche Gregory Neluybov restò ucciso in un incidente.
Accaddero molte cose strane prima del lancio della navetta di Gagarin; gli operai in poco tempo riuscirono a far fronte ad una situazione di emergenza, ma quello che ci fa pensare che effettivamente Gagarin viaggiò nello spazio è una sua frase pronunciata per dare un ultimo saluto via radio a coloro che lo seguivano dalla base di Baikonur: “Sto bruciando, addio compagni.” Queste sono le parole che ha usato quando vide le fiamme attraverso un oblò durante il suo rientro nell’atmosfera terrestre, quando ormai pensava si fosse avvicinata la sua ultima ora.
La storia di Gagarin, agli inizi, è stata un po’ una versione sovietica di Cenerentola. Figlio di contadini fu un operaio modellatore-fonditore, poi iscrivendosi alla Komsomol, l’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione Sovietica, ebbe modo di entrare al collegio industriale di Saratov, dove leggendo “Dalla Terra alla Luna” di Giulio Verne scoprì la sua vocazione per lo spazio. Venne accettato all’aero-club locale, diventò pilota e scelse di frequentare l’Accademia dell’Aria. Nel 1959, quando si ricercarono i volontari per le prime esperienze spaziali, Gagarin si presentò e intraprese un addestramento della durata di due anni. Tra i suoi compagni del primo gruppo di aspiranti cosmonauti c’erano anche: Titov, Nikolaev, Popovich, Leonov. Poi, venne prescelto come l’uomo che sarebbe salito sulla Vostok 1 dallo stesso Nikita Kruscev.
Terminata con successo la sua missione spaziale, Gagarin viene nominato comandante del distaccamento dei cosmonauti sovietici e diventa l’ambasciatore itinerante dei loro successi. Lo si vede dappertutto in Occidente, dove ha occasione di ritornare spesso. A Cuba incontra Fidel Castro, mentre in Europa pranza dalla Regina d’Inghilterra ed a Roma conosce le vedettes di Cinecittà.
Firma migliaia di autografi, fa sci nautico, viene invitato dai miliardari, colleziona trofei e onorificenze in tutto il mondo. Vive una vita da superstar.
Per timore che gli possa accadere qualcosa lo si solleva persino dalle sue mansioni di pilota militare, vietandogli di volare. Col passare del tempo, Yuri si intristisce e cade in depressione, non è più sulla bocca di tutti, non è più la superstar che suscita interesse e ammirazione. Per il primo uomo nello spazio inizia un periodo difficile e non è raro vederlo esagerare con l’alcool.
Prima della partenza della Soyuz 1 Yuri Gagarin scrisse una lettera a Breznev per impedire che la navicella spaziale che avrebbe trasportato Vladimir Komarov potesse diventare la tomba del suo amico, ma Breznev difficilmente avrebbe rinunciato alle celebrazioni che stava preparando.
Purtroppo, Gagarin ebbe ragione sui rischi che correva Komarov sulla Soyuz 1 e c’è chi afferma che quando Yuri ebbe occasione d’incontrare personalmente Breznev gli tirò in faccia un bicchiere di vodka urlando: “Questo è per Komarov!”
Stranamente, a Gagarin si diede la possibilità di tornare a volare e forse non tanto sorprendentemente il 27 marzo 1968 Gagarin ebbe un incidente mortale a bordo di un Mig 15.
Però, non possiamo neppure trascurare quanto disse Baba Vanga a proposito della sua scomparsa.
Gagarin non è morto, ma è stato portato nello spazio dagli alieni. TG

Il gruppo dei primi 20 cosmonauti sovietici negli anni 1960

Il gruppo dei primi 20 cosmonauti sovietici negli anni 1960

Gagarin e Gina Lollobrigida

Gagarin e Gina Lollobrigida

Gagarin in un momento felice sugli sci d'acqua

Gagarin in un momento felice sugli sci d’acqua

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