Giacomo Maria Prati

Il trionfo di Trump (Saturno)

Sarà davvero l’età dell’oro dell’America… abbiamo molto oro liquido… (Donald Trump, Discorso di Palm Beach – 6.11.2024) Fra il mistero e l’assurdo occorre scegliere, e io ho scelto (Gustave Thibon, Ritorno al reale) Otto anni fa il 16 novembre 2016 scrissi su Meer un articolo dove giocavo a sovrapporre ai grandi politici americani le figure delle divinità greche e giungevo a vedere Trump quale epifania di Zeus, accostandolo anche all’immagine della Fenice. Il tema fu azzeccato: oggi nel 2024 Trump trionfa anche in Arizona, il cui emblema è la Fenice e ritorna a volare, come le fenici del Mito. Più che Zeus oggi Trump mi sembra rievocare il potente immaginario del padre di Zeus: Kronos-Saturno. Se analizziamo il suo primo discorso, quello di ringraziamento che ha tenuto il 6 novembre a Palm Beach quando i risultati davano per evidente il suo grande successo possiamo sottolineare due aspetti innovativi e rivoluzionari che ci permettono tale audace accostamento: il 47esimo Presidente degli Usa e l ‘antico numero greco-romano, il più misterioso e occulto fra gli dei il cui immaginario ha influenzato l’iconografica artistica per duemila anni e persino l’arte misteriosa dell’alchimia l’ha preso come efficace e fascinoso emblema di sapienza. In primo luogo, ecco una forte risonanza: il primo discorso di Trump-Saturno viene tenuto in un luogo chiamato “la spiaggia della palma” e il termine “palma” in greco indica il color porpora quanto la mitica Fenice, cioè rinvia alla solarità di Apollo nordico quanto all’archetipo del potere quale forma di fasto e prosperità. Il prossimo Presidente americano ha tenuto un discorso che ha manifestato due polarità saturnine fondamentali: la pace e l’oro. Il trionfatore (312 grandi elettori) ha promesso non solo l’assenza di nuove guerre ma la chiusura veloce delle guerre in corso, iniziando proprio dalla terribile guerra russo-ucraina. Una promessa audace e rivoluzionaria che nessun Presidente al mondo si sognerebbe di azzardare e che connetterà Trump a Saturno quale nume della pace, dell’armonia, della fratellanza, dell’unità delle origini del mondo. Con l’audacia della pace il nuovo Presidente si pone in senso positivamente apocalittico-escatologico quale neo-augusteo-virgiliano “rinnovatore del secolo” e restauratore dell’Ordine: […]

Il racconto del Graal

Il Sacro Graal è veramente esistito? O è soltanto una leggenda che poi grazie alle opere letterarie di Chrétien de Troyes, di Robert de Boron o di Wolfram von Eschenbach  si è diffusa in tutta Europa? Sembra che prima del 1182 nessuno abbia mai parlato di questa santa coppa di pietra di origine maligna (si dice sia stata scavata da una pietra caduta dalla corona di Lucifero). Prima di quella data, il Graal non esisteva né per la storia né per il mito. Molti studiosi ritenevano che esistessero leggende che parlavano di magici calderoni e di mirabolanti gesta compiute da re Artù e dai suoi cavalieri, oltre naturalmente all’Arca dell’Alleanza, una grossa cassa di legno d’acacia con un coperchio d’oro che serviva, secondo la Bibbia, a custodire le tavole delle leggi che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai. Oggetto carico di poteri, in grado di dare l’invincibilità al popolo di Israele, Arca anch’essa andata perduta e mai ritrovata, se non in un popolarissimo film holliwoodiano del 1981 in cui Harrison Ford interpretò l’amatissimo professore di archeologia Indiana Jones. Molti menestrelli attinsero da svariate leggende per colorire la storia del Sacro Graal e questo può aver indotto in confusione molti curiosi, ma queste storie tramandate nei secoli oralmente, dovevano essere troppo famose per essere prese da spunto da Chrétien de Troyes per dare inizio al suo ciclo di romanzi. Il grande poeta francese non terminò mai il suo famoso: Conte du Graal; qualche anno dopo però, Wolfram von Eschenbach si ricollegò agli scritti del suo predecessore per svilupparne la storia, non evitando tuttavia di fregiarsi dell’unico marchio di autenticità per il suo testo. Fu infatti von Eschenbach, nel suo Parsifal, a rivelare che la coppa era fatta di pietra. Von Eschenbach si fece influenzare anche dalla storia dell’Arca dell’Alleanza che sembra sia stata trasportata da Gerusalemme ad Axum, in Etiopia. Non si sa come, ciò che venne scritto tra il IV e il VI secolo d.C. nel Kebra Nagast possa essere arrivato fino agli occhi o alle orecchie dello scrittore tedesco, ma non è da escludere che l’opera che parla della gloria dei re […]